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UOMINI DI DIO
(DES HOMMES ET DES DIEUX)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 31 ottobre 2010
 
di Xavier Beauvois, con Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Philippe Laudenbach, Jacques Herlin, Loïc Pichon (Francia, 2010)
 
Superato di una spanna a Cannes dal controverso (e quanto più tortuoso e controverso) LO ZIO BONMEE SI RICORDA LE VITE PRECEDENTI del tailandese Apichatpong Weerasethakul il film dell'accurato quanto poco prolisso autore di di LE PETIT LIEUTENANT ha sorpreso tutti per il suo clamoroso successo di pubblico. Clamoroso, perchè ispirato ad una comunità di monaci, proprio come un altro film che, soffermandosi per quasi tre ore sul medesimo ambiente aveva registrato anch'esso un incredibile successo, IL GRANDE SILENZIO di Philip Groning.

L'accostamento fra i due film non si giustifica oltre le ragioni del loro sorprendente quanto rallegrante successo. Quello di Groning era un documentario di una straordinaria condivisione esistenziale sull'arco di intere stagioni. La fiction di Beauvois s'ispira invece a un fratto di cronaca che ha commosso il mondo e non solo la Francia nel 1996, l'assassinio in Algeria da parte di "ignoti" di otto monaci circensi che da anni conducevano un'esistenza di serena e pacifica convivenza con la comunità mussulmana celata fra gli anfratti dell'immenso e splendido panorama dell'Atlante.

Una delle qualità del film è di trasmettere il messaggio di carità ed altruismo dei religiosi; ma, nel contempo, di situarsi a metà tra una riflessione laica e una credente dell'interrogativo che la cronaca aveva allora enunciato: per quale ragione quel gruppetto di otto individui rititaratosi dalla vita civile aveva affrontato una sorta di martirio annunciato? Beauvois dipinge i monaci nei loro rituali spogli e stlizzati nel biancore delle loro vesti. Ma li mostra costantemente anche in abiti civili, impegnati fuori dal monastero a condividere l'esistenza quotidiana degli abitanti.

Al film manca forse proprio una stringata progressione drammatica che renda partecipe lo spettatore del pericolo incombente. Ma dalla contemplazione iniziale fondata sulle panoramiche lente dello splendido ambiente alla progressiva reclusione negli interni e sui primissimi piani di tutti gli attori, colti nelle loro minime emozioni (dal grande Lonsdale a un ottimo Lambert) Beauvois si accosta con infinita attenzione e delicatezza alla situazione. Non tanto in un elegiaco atto di fede, malgrado il ricorso ai canti religiosi ed ai rituali ancestrali. Ma uno sguardo che sottintende anche prese di posizioni politiche (il ruolo dell'armata, i limiti dei terroristi, la convivenza fra le religioni) sfociando in un credo nei confronti dell'uomo e del suo amore per il prossimo.


   Il film in Internet (Google)

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